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Un ponte tra passato e presente.

L’archeologo è un professionista che studia le civiltà del passato e indaga le loro relazioni con l’ambiente circostante, mediante la raccolta, la documentazione e l’analisi delle tracce materiali che quelle culture hanno lasciato.
Il design studia le tracce materiali del passato e del presente, cercando di progettare oggetti che soddisfino esigenze umane contemporanee.

È dunque comprensibile che per un progettista questo mondo costituisca una grande fonte di fascinazione e ispirazione: la mostra “Tracce” è un risultato di sintesi tra due mondi, tra due storie.

Gli architetti Carolina Martinelli e Vittorio Venezia, come degli archeologi, hanno raccolto tracce materiali “immaginarie” e hanno cercato di ricostruire un acquedotto che per secoli ha collegato le due estremità del territorio della piana di Paestum, dai monti alla pianura, e che sappiamo essere esistito grazie ad alcuni reperti rinvenuti sul suo antico percorso.

L’acquedotto romano è un esempio di architettura classica entrato nell’immaginario comune: la sua idea ci fa pensare a un’imponente struttura caratterizzata da uno o più livelli di archi in muratura, mattoni o cemento. I Romani hanno costruito numerosi acquedotti per portare l’acqua da sorgenti distanti nelle città e rifornire terme, latrine, fontane e abitazioni; e dove c’erano valli e pianure il condotto era sostenuto da opere con arcate pensate per il trasporto delle acque tramite lo sfruttamento della forza di gravità.

Questo nuovo progetto che presentiamo a Spazio Paestum per me rappresenta, come l’acquedotto, un simbolo di collegamento fra due entità dello stesso luogo (dunque Capaccio Capoluogo e la pianura), spesso lontane per questioni campanilistiche.

L’Acquedotto progettato dallo studio Martinelli Venezia ci aiuta a “misurare” le distanze, per sentirci sempre più vicini.

Mario Scairato

Foto Elena Monzo